Esistono una serie di parametri da valutare per riconoscere e comprendere un’emozione:
Le emozioni si manifestano attraverso il corpo. Ecco perché è utile per poter riconoscere un’emozione saperla collocare nel corpo.
Facciamo qualche esempio per facilitare l’apprendimento dell’ascolto corporeo.
La rabbia accende le mani ed alcuni punti della sommità del corpo, accalora e colora il viso di rosso perché dilata i capillari, per renderci “minacciosi di fronte al nemico”, alza il tono della voce e lo rende o molto forte o molto acuto, a seconda del timbro vocale.
Tra i sintomi fisici più comuni ricordiamo: tensione corporea, respiro accelerato, tensione della mandibola, innalzamento della temperatura corporea, mal di testa. La faccia della rabbia presenta sopracciglia abbassate che tendono ad unirsi al centro, palpebre superiori ed inferiori tese, denti serrati e labbra socchiuse e tese.
La paura provoca mal di stomaco, tensione corporea, battito accelerato, sudorazione, senso di pressione al petto, diarrea, alterazioni nell’appetito e insonnia. Chi ha paura manifesta dapprima fissità, la rigidità muscolare, poi mette in azione attacco/fuga/freezibg.
La faccia con l’espressione della paura è così: occhi sbarrati, bocca semiaperta con labbra tese verso l’esterno, sopracciglia avvicinate, fronte aggrottata, palpebra superiore alzata, palpebra inferiore tesa.
La gioia presenta sintomi fisici facilmente riconoscibili quali sorriso, espansione del petto, risata, apertura corporea. Si può manifestare accelerazione del battito cardiaco seguito da normalizzazione e stabilizzazione, risatine o gridolini più acuti rispetto al proprio tono di voce, saltelli, scosse movimenti come piccole danze del corpo, apertura del petto, sensazione di appagamento.
L’espressione di un sorriso fondamentalmente accompagna chi prova gioia. Piccole rughe attorno agli occhi che indicano il sorriso anche degli occhi e perciò la gioia vera e non simulata, le guance e le palpebra inferiori rialzate. Ci sono però alcune persone che fanno fatica a provare questa emozione, dunque non sanno identificarla. Sarebbe un buon esercizio provare a ricreare queste condizioni fisiologiche che facilitano la comparsa dell’allegria.
A livello fisico la tristezza si manifesta attraverso lacrime, singhiozzo, pressione al petto, respiro corto, mancanza di appetito, o fame nervosa.
Come detto prima le reazioni fisiche al disgusto sono: nausea, vomito, sudorazione, abbassamento della pressione sanguigna, in alcuni casi svenimento. E comunque anche senza arrivare a reazioni estreme il corpo si irrigidisce come a difendersi e e si allontana dalla causa del disgusto. La faccia da disgusto ha il naso arricciato, bocca aperta e labbra piegate verso l’esterno.
Il corpo si ferma e si irrigidisce un poco, non con la fissità della paura. I sensi si accendono: le narici si dilatano, le orecchie si porgono all’ascolto perciò si gira il corpo dalla parte dell’orecchio più sensibile, gli occhi si spalancano.
Se si impara a riconoscere la mappa delle variazioni che una emozione provoca nel corpo posso accorgermi che la sto vivendo, mentre c’è. Il corpo vive nel qui ed ora perciò manifesta “i sintomi” dell’emozione mentre essi si manifestano.
Voglio sottolineare l’uso del termine sintomo, infatti, il perpretrarsi di un’emozione non riconosciuta che comporti anche solo una delle seguenti condizioni fisiche: dissenteria, tachicardia, ansia, alterazioni di appetito, o del ritmo sonno-veglia, costiuisce la possibile indicazione dell’insorgenza di una malattia. E se si continua a non prestare attenzione, a non ascoltare il messaggio dell’anima la perpetrazione del sintomo dovuta al vissuto costante di un’emozione come paura, tristezza, rabbia…. può diventare malattia cronica.
Ad esempio da fastidio allo stomaco a gastrite il passo è breve. È importantissimo imparare a riconoscere il linguaggio del corpo, ed entare così entrare in sintonia con i messaggi inviati dalla propria anima per vivere una vita piena e fluida.
E non schiacciata dagli esiti di emozioni che si rifiuta di riconoscere ed includere e che perciò devono intensificare sempre di più i “sintomi” fino a farli diventare possibili malattie.
Foto di Annie Spratt su Unsplash
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