La mia intervista a LiveSocial su Radio Veronica One
18/10/2019Il Counseling, questo sconosciuto
20/05/2020Giulia
La casa rossa sorgeva sulla collina più alta del paese. Attorno c’era una grande vigna di uva rossa ed un pergolato di uva regina, qualche albero da frutta e l’orto. Lì abitava il Dottor Marco con la moglie Giulia, i tre figli, due zie di una non ben precisata età, la sorella vedova, la serventa e due cani da caccia.
Quando le avevano detto che si sarebbe sposata Giulia aveva avuto un fremito d’amore. Poi aveva conosciuto il Dottore, del quale non si era mai innamorata. Ed aveva visto il paesino e la casa, così lontani dalla sua amata Torino. Infine aveva iniziato a convivere con suoi futuri parenti e si era arresa alla volontà di quel Padreterno così avaro. L’alternativa era sposarlo quel Padreterno, ma lei non si era sentita pronta a donarsi anima e corpo al suo carnefice, così si era affezionata al Dottore.
C’erano state serate di lettura di fronte al camino, cene in ossequioso silenzio per rispetto della stanchezza del Dottore, la nascita dei figli, la benedizione della casa, e poi il ricamo del corredo delle figlie ancora in fasce, la raccolta degli abiti smessi per i poveri, le marmellate di fine stagione……. e la prima crisi. Un lampo aveva squarciato in due il cielo e Giulia aveva preso a tremare. Si era avvolta nello scialle pensando ad un brivido di freddo, ma poi aveva cominciato a sobbalzare. Gli occhi color del lillà parevano due fessure, le labbra rosse due lame insanguinate. Aveva urlato, perso schiuma dalla bocca, si era contorta sino a ridursi un piccolo cumulo di carne avvitato su se stesso, ed era svenuta.
Poi le crisi erano divenute tante.
Tutti oramai sapevano che l’urlo era solo l’inizio, si guardavano e chiamavano il Dottore sospirando “finché non sviene”.
Il Dottore entrava nella stanza, guardava la moglie, la bloccava e le somministrava il medicinale. Quindi si gettava il mantello nero sulle spalle e fischiava ai cani per tornare solamente molte ore dopo.
C’erano state crisi molto lievi, ma anche crisi che lasciavano spossata Giulia per settimane. Nessuno ne accennava mai. E per evitare di lasciarsi scappare qualche parolina di troppo nessuno parlava più con Giulia se non per pochi minuti. La serventa ogni giorno dopo la messa delle sei chiedeva la benedizione al parroco, temendo di vivere con un’indemoniata.
L’ultima crisi Giulia la ebbe quando Renato fu mandato in collegio a Mondovì. Quel figlio così piccolo, che non aveva ancora compiuto sei anni, l’unico su cui Giulia avesse investito qualcosa. La sua ultima speranza sarebbe uscita da quella casa per tornare solamente alle feste comandate.
Giulia era entrata nello studio medico del marito, l’aveva chiamato per nome, si era schiarita la voce ed aveva chiesto spiegazioni. Il Dottore aveva sollevato il capo chino sui libri e riabbassandolo aveva pronunciato le solite parole “è deciso così“.
A nulla erano valse le richieste di Giulia di attendere ancora un anno, di avere compassione, se non del figlio almeno di lei. Il Dottore era di nuovo immerso nella sua lettura. “Sto lavorando, moglie” Le disse senza degnarla più di uno sguardo. Un’eco le rimbombava nella testa col fragore di un tuono “Deciso da chi? Da chi? Da chi? Da chi?“. Poi aveva preso a tremare come una foglia. Il Dottore si era alzato e si era avvicinato all’armadietto per prendere il medicinale, ma nel voltarsi si era accorto con stupore che la moglie non era accasciata a terra in preda alle convulsioni.
Un velo nero era sceso sui pensieri di Giulia per sempre.
Il Dottore distese le labbra in un sorriso compiaciuto: “Vedo che stai meglio, sono fiero di te mia cara” disse riponendo il botticino nell’armadietto.
Giulia o l’impotenza
Immagine: “Donna alla finestra” del pittore Caspar David Friedrich
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